Alzheimer: la testimonianza di Paola, caregiver di Iole

“Mi chiamo Paola, sono il caregiver della signora Iole ammalata di Alzheimer.

 

La mia mamma è stata sempre una donna molto attiva e dinamica, donna d’avanguardia , che non si è mai scoraggiata difronte alle difficoltà della vita. E’ sempre stata una persona innovativa nelle sue cose.

La malattia l’ha cambiata molto. Le ha fatto perdere una parte di lei e dei suoi ricordi. L’ha resa meno attiva e le ha tolto energia e autonomia.  Molte delle sue capacità si sono ridotte: oggi si sente insicura.

Il problema è la memoria e la mente: non fa più i ragionamenti logici che faceva prima. Dalla sera alla mattina perde ogni collegamento, è come se si formasse un buco.  Ciò crea una serie di complicanze: non sa dove si trova, a che piano abita, dove dorme…insomma perde il senso di orientamento e del tempo.

La malattia è stata diagnosticata nel 2012. Già prima mi ero accorta che e c’era qualcosa che non quadrava, non era più la donna di prima. Dopo essere stati da vari neurologici, che attribuivamo il suo deficit all’età, siamo stati presso l’Unità Operativa Alzheimer del Centro Dino Ferrari.  Qui è stata fatta una diagnosi molto più precisa e i medici sono stati più oculati.

La cosa bellissima e innovativa è che ha potuto, subito, partecipare ad una sperimentazione, che le ha fatto molto bene. Avevo visto un miglioramento:  tutto era rimasto stabile, la malattia non peggiorava e questo era stato già un grande risultato. Purtroppo a febbraio dell’anno scorso la casa farmaceutica coinvolta nella sperimentazione, ha ritirato il farmaco dalla sperimentazione.  Da lì in poi è stato un progressivo decadimento e la malattia ha ripreso il suo decorso.

Io, come figlia e caregiver, mi sento inerme. Sto cercando di fare di tutto per rallentarle questo decadimento. Sono riuscita tramite l’ASL a farla rientrare in un programma  grazie al quale viene una terapista di riabilitazione cognitiva tre volte alla settimana. Il tentativo è quello di mantenere vitali le funzioni cerebrali/cognitive ancora attive.

Per noi la vita è cambiata molto.  Per mia mamma perché non è più autonoma, e per noi che abbiamo dovuto riorganizzare la nostra vita familiare.

Lei ha bisogno di aiuto continuo e costante. Oggi vive con me e mio marito, che ha accettato la situazione, nonostante le difficoltà.

Devi essere sempre presente, soprattutto di notte, quando non riesce a dormire, quando le vengono attacchi compulsivi ed inizia a mangiare qualsiasi cosa. Sei costretta a fare cose impopolari come sigillare il frigo. E’ un’azione forte ma sei costretta a farlo.

Quando ha momenti di lucidità si rende conto della sua situazione e si deprime.

La nostra vita è cambiata. Siamo disperati, perché vorremmo essere più utili a lei.

Nonostante le difficoltà quotidiane, la nostra scelta è stata tenerla sempre con noi. Sacrifichiamo la nostra vita, le nostre vacanze, le uscite e altro. La mia mamma vive in simbiosi con me, a casa e al lavoro perché credo fermamente che la cosa importante sia non toglierle la dignità, cercare di darle il più possibile.

In queste situazioni,  lasciamo la dignità alla persona, non è detto che se una persona ha un deficit debba essere trattata come un oggetto o un numero”.

 

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