Di seguito tutte le domande poste ai nostri esperti e le relative risposte:
Cos’è la Sclerosi Laterale Amiotrofica? (Risponde Prof. Silani)
«Più che chiederci cos’è, dovremmo chiederci cosa non è la Sclerosi Laterale Amiotrofica o SLA.
Un tempo definita come malattia interessante selettivamente il primo e il secondo motoneurone, oggi siamo giunti alla conclusione che trattasi di una patologia sistemica interessante diverse aree, appunto, del sistema nervoso centrale, una volta non considerate come affette, con manifestazioni, per esempio, cognitivo/comportamentali, extrapiramidali ed altro.
La SLA, quindi, oggi è diventata una malattia di riferimento per tutte le malattie neurodegenerative, assommandole tutte. Le molteplici manifestazioni che non si limitano a quelle neuromuscolari ben conosciute ma vanno a comprendere altre disfunzioni estendono di necessità la nostra presa in cura del paziente, che deve essere considerato anche per tutte queste componenti».
Quali soni i sintomi e come si diagnostica? (Risponde Prof.ssa Corti)
«Come ha detto il Prof. Silani, ci sono alcuni aspetti clinici essenziali nella SLA: il core-centrale, come classicamente la malattia è stata definita anche da Jean-Martin Charcot (neurologo francese che descrisse per primo questa patologia nel 1874), è una serie di segni e sintomi di degenerazione del primo motoneurone che è nella corteccia cerebrale e del secondo motoneurone che è nel midollo spinale. I motoneuroni sono i neuroni che regolano i movimenti dei muscoli scheletrici.
L’aspetto caratteristico è una disfunzione dei movimenti volontari con una paralisi progressiva a cui consegue un exitus precoce, perché tra i muscoli interessati ci sono anche quelli della respirazione. Il paziente classico è quello che presenta una debolezza, cioè una mancanza di forza, ad esempio ad una mano, con una ipotrofia (riduzione della massa muscolare), dato che poi si estende all’ intero arto superiore e al resto dei muscoli.
L’esordio può interessare anche gli arti inferiori o quello che è definito come distretto bulbare (i neuroni della porzione inferiore del tronco encefalo coinvolti nella respirazione, fonazione e deglutizione). Ci sono quindi vari fenotipi. La prima cosa che il paziente denota è la mancanza di forza con una distribuzione periferica, prevalentemente distale. Come pero’ diceva il Professore, lo spettro fenotipico è vario e abbiamo apprezzato di recente alcune “sfumature” della patologia, tra cui un coinvolgimento cognitivo che può essere molto lieve o marcato andando a sovrapporsi con un’altra malattia neurodegenerativa: la Demenza Fronto-Temporale.
Direi che la mancanza di forza è il tratto clinico distintivo. Tuttavia questo è un sintomo generico presente in diverse malattie neurologiche, sia del sistema nervoso centrale che periferico. Nel caso della SLA c’è un decorso evolutivo nell’arco generalmente di mesi e nell’accezione classica ha una presentazione clinica con segni neurologici centrali (ad esempio riflessi aumentati) e periferici (ipotrofia/fascicolazioni). Chiaramente ai primi segni e sintomi bisogna rivolgersi al medico curante per valutare l’opportunità di un approfondimento neurologico».
A che punto è la terapia sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica? (risponde Prof. Silani)
«La malattia ha vissuto un impasse terapeutico per molte decadi, in quanto ogni possibile tentativo terapeutico si è tramutato velocemente in un insuccesso.
Siamo ora, invece, in una primavera terapeutica e prima di tutto per le forme geneticamente determinate. Mi riferisco, in particolare, ai pazienti con mutazione per il gene SOD1 per cui è in corso, e molto presto verrà completato, un trial terapeutico dimostrante l’efficacia dell’utilizzo di un antisenso. Anche il trattamento del gene C9orf72 è in corso in alcuni Pazienti.
Questa corrisponde ad una rivoluzione terapeutica paragonabile a quanto già successo per l’atrofia spinale del bambino o SMA.
Tutto questo riguarda per ora la SLA legata a mutazioni geniche, però anche i pazienti che non hanno mutazione o sporadici vengono oggi sottoposti a una serie di tentativi terapeutici sperimentali ispirati da evidenze pre-cliniche e legati a diversi meccanismi di malattia.
In Auxologico, ad esempio, in questo momento stiamo conducendo 7 diversi tentativi terapeutici per diverse vie di somministrazione. Abbiamo iniziato anche un approccio terapeutico innovativo con caschi magnetici a garantire una stimolazione corticale.
Siamo all’inizio di una nuova era molto felice per quanto riguarda il trattamento di questa malattia. Inoltre la SLA ha trovato un alleato terapeutico nella demenza frontotemporale, orfana di iniziative terapeutici. Infatti, sono le due malattie oggi alleate verso uno stesso obiettivo. Ricordo infatti che il gene C9orf72 è comune sia ai pazienti affetti da SLA, che a quelli affetti da demenza frontotemporale. Infatti, nella stessa famiglia lo stesso gene è responsabile dei due diversi fenotipi clinici nei diversi membri della famiglia».
Qual è la situazione relativa alla ricerca genetica nella Sclerosi Laterale Amiotrofica? (Risponde Prof. Silani)
«La ricerca genetica sulla SLA che ha visto nel 1993 l’identificazione del primo gene responsabile SOD1, ha subito dal 2008 in poi un’accelerazione imprevedibile, legata allo sviluppo di nuove tecnologie, ovvero la possibilità di rapido sequenziamento non solo dell’esoma ma anche di tutto il genoma. Oggi la SLA conta un numero ragguardevole di geni patogenetici, oltre alla trentina, ed il quesito rimane se tutti questi geni abbiano un valore eziopatogenetico. Stiamo riferendoci alle forme familiari, anche se alcuni geni hanno impattato anche nelle forme sporadiche.
l gene senza dubbio numero uno per rilevanza è il gene C9orf72 la cui scoperta rappresenta un momento fondamentale nella lotta a questa malattia, avendo posto la SLA nel numero delle malattie da espansione.
Ricordo anche che, grazie all’impulso del progetto planetario MINE, oltre 29 mila genomi di pazienti affetti da malattia sporadiche sono stati recentemente analizzati con tecniche di GWA, e sono stati evidenziati 15 geni candidati e potenzialmente responsabili anche delle forme sporadiche. Il vero obiettivo dell’approccio genetico è quello di definire se anche le forme sporadiche abbiamo una base genetica.
L’impatto della genetica è stato straordinario e, tra i tanti meriti, quello di avere coeso due malattie, la SLA e la Demenza Frontotemporale attorno a geni comuni e nella ricerca di una comune terapia».
Quali sono le prospettive future nella ricerca SLA? (Risponde Prof.ssa Corti)
«Il “Centro Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano – Ospedale Policlinico, ci vede partecipi di uno sviluppo terapeutico, perché oltre ad applicare, come diceva il Prof. Silani, i trial che attualmente sono presenti a livello internazionale, ci proponiamo anche di dare il nostro contributo verso lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche. In effetti questo è un momento di possibile speranza per questa patologia e devo dire che, ascoltando il nostro discorso, per i malati la potenziale rivoluzione è che adesso abbiamo dei bersagli terapeutici molecolari definiti, ad esempio un gene mutato causativo o le molecole a valle di esso, cosa che consente di sviluppare un approccio terapeutico razionale basato su dati preclinici solidi con reale possibilità di una traslazione clinica di successo.
Direi che il nostro contributo verso nuove strategie terapeutiche riguarda una direzione di tipo molecolare, attraverso lo sviluppo di nuovi oligonucleotidi (brevi sequenze di DNA o RNA chimicamente modificate) o terapia genica verso nuovi target che non sono quelli convenzionali dei geni mutati, ma altri meccanismi a valle di questi geni principali. In un futuro, potrà essere considerata anche la terapia con cellule staminali che però non è così vicina ad una reale applicazione clinica, dato che ci sono diversi tipi di approcci che considerano differenti popolazioni di cellule staminali con meccanismi non completamente definiti alla base della possibile efficacia terapeutica.
Nel futuro prossimo siamo maggiormente concentrati sullo sviluppo di terapie molecolari, sia in ambito pre-clinico che in ambito clinico, per una maggiore razionalità nei loro possibili effetti e da cui ci aspettiamo di ottenere dei primi risultati significativi, sia mediante terapia genica con vettori virali che con vettori a RNA, come adesso stiamo facendo per altre patologie di tipo infettivo, e che in un futuro potranno essere utilizzati come vettori di molecole per il trattamento di patologie neurodegenerative tra cui la SLA».