Charcot-Marie-Tooth 2A: papà Roberto racconta la storia di Gaia

Ci sono persone che con il loro entusiasmo e la loro grinta riescono a trasmetterti una carica di energia positiva: Roberto è senza dubbio una di queste persone. «Del resto, quando si vive in una famiglia di tutte donne – persino il cane è femmina – la grinta non può di certo mancare».

Roberto vive in un paese in provincia di Arezzo, è sposato con Simona e hanno due figlie, Noemi e Gaia, una ragazza di 17 anni affetta da Charcot-Marie-Tooth. La loro storia inizia nel 2007, quando Gaia ha appena 13 mesi e comincia a mostrare un po’ di difficoltà a camminare. Potrebbe essere solo un ritardo, del resto ogni bambino ha i suoi tempi. Passa qualche anno, però, e quelle che sembravano delle semplici difficoltà legate alla crescita cominciano a diventare dei veri e propri campanelli d’allarme.

Gaia ha tre anni e un giorno mentre Roberto gioca insieme a lei, divertendosi a farle il solletico, si accorge che c’è qualcosa che non va: «Com’è che non ridi, Gaia? Non soffri il solletico?» «Papà, ma io non sento nulla».

Così, da un semplice gioco, Roberto e sua moglie Simona scoprono che Gaia non ha sensibilità sotto ai piedi e fa fatica a muovere le dita. Iniziano le visite, prima dal pediatra e poi in ospedale, finché dopo qualche mese arriva la diagnosi: «Si tratta di una forma distale di SMA», ma vengono rassicurati dai medici perché sembra essere una forma leggera, non le comprometterà la qualità della vita.

Passa ancora qualche anno e Gaia lentamente peggiora: fa sempre più fatica a camminare e anche le piccole azioni quotidiane, come pettinarsi, lavarsi i denti o tenere la penna in mano, che dovrebbero essere normali per una bambina della sua età, diventano sempre più difficili.

Così, nel 2014 tornano in ospedale per cercare di capire che cosa stia succedendo.

È a quel punto che le viene diagnosticata la Charcot-Marie-Tooth 2A, una rara patologia neurologica dovuta all’alterazione di geni – alcuni dei quali ancora sconosciuti – responsabili della formazione e/o della funzionalità di alcuni costituenti dei nervi. Colpisce le estremità dell’organismo (arti inferiori e superiori) comportando una progressiva debolezza muscolare, associata ad atrofia, perdita di sensibilità e difficoltà motorie. I primi ad ammalarsi sono i nervi e poi, per induzione, i sintomi coinvolgono tendini, muscoli e ossa, con una severità maggiore quanto più precoce è l’esordio.

«Questa malattia è molto strana» – ci spiega Roberto – «può stare ferma per anni e poi partire a razzo». Ma il problema più grande è che ad oggi non esiste ancora una cura.

Roberto e Simona, però, non hanno intenzione di arrendersi: nonostante entrambi lavorino, decidono di continuare a occuparsi di Gaia in maniera autonoma, solo con l’aiuto dei nonni. Chiedono al Comune di sistemare la stazione del paese e di dotare il pulmino che Gaia prende per andare a scuola di una pedana per disabili, cosicché Gaia e tutte le persone che necessitano della sedia a rotelle possano salire anche da sole. Perché un altro grande problema di questa malattia è che ti priva completamente della tua indipendenza. 

Nel frattempo, si documentano e nel 2018 entrano in contatto con l’Associazione Progetto Mitofusina 2, che da anni lavora per raccogliere fondi da destinare ai ricercatori del nostro “Centro Dino Ferrari”, con l’obiettivo di aiutarli a fare nuovi progressi contro questa malattia. Conoscono così la Prof.ssa Stefania Corti e la Dott.ssa Federica Rizzo del nostro Centro e scoprono i loro progetti di ricerca dedicati allo sviluppo di una terapia genica per la Charcot-Marie-Tooth di tipo 2A.

Decidono di provare a organizzare delle iniziative ed eventi benefici per continuare a supportare la ricerca e sensibilizzare su questa patologia. Nel giro di qualche anno riescono a raccogliere 53.000€. «Mai avrei pensato che saremmo riusciti a raggiungere un traguardo del genere, ma la cosa più bella è sentire la vicinanza di così tante persone. Siamo davvero grati perché non è scontato» e poi aggiunge: «Questa esperienza ci ha fatto rendere conto di quanto sia importante la sfera sociale e sentire il supporto della comunità. A volte basta poco: un gesto, una parola, un piccolo aiuto». Infatti, quando si affrontano malattie così complesse e invalidanti, il grande rischio è di sentirsi soli e non accettati. «Gaia da questo punto di vista è fortunata perché ha una sorella e un gruppo di amici che la aiutano molto, la portano in giro, vanno anche a ballare!»

Ora, tra gli ultimi progetti di papà Roberto c’è la vendita di speciali braccialetti solidali, disponibili dal 10 febbraio. «Ho pensato a dei braccialetti perché Gaia quando era piccola guardava sempre la serie televisiva “Braccialetti rossi”. Sono molto semplici, tutti colorati e ci ho fatto disegnare sopra due quadrifogli» dice Roberto.

Perché la sua grande speranza è che possano portare un po’ di fortuna alla sua Gaia, a chi li indosserà e a tutti coloro che attraverso la ricerca scientifica potranno sperare in un futuro migliore.

Se vuoi partecipare all’iniziativa scrivi a: robbierusso@virgilio.it

Photo credits: Francesco Cianchi

 

Per conoscere meglio questa patologia e scoprire gli ultimi progressi della ricerca in questo ambito, guarda l’intervista alla Prof.ssa Stefania Corti, Responsabile del Laboratorio di Cellule Staminali Neurali del nostro Centro, che da tempo, insieme al suo gruppo, è impegnata nello sviluppo di una terapia genico molecolare che possa essere efficace contro questo gruppo di patologie.

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