Malattia del Motoneurone: un tema molto vasto nel mondo della ricerca

Malattia del Motoneurone

“Il capitolo è molto vasto. Questo è il motivo per cui nel mondo anglosassone si preferisce parlare di malattie del motoneurone, piuttosto che di SLA e di SMA”, sono le parole del prof. Vincenzo Silani, Direttore U.O. Neurologia e Stroke Unit – Auxologico San Luca e Direttore della sede distaccata del Centro Dino Ferrari, intervistato, ci offre una lunga ed esauriente trattazione sul tema.

 

Che cos è il motoneurone?

Il motoneurone è tra le cellule di maggior volume nel sistema nervoso. Si riconoscono due tipi di motoneurone:

  • Il primo è la cellula localizzata nella corteccia frontale motoria che invia un lunghissimo prolungamento verso il basso, fino all ’apice del midollo spinale a raggiungere, appunto, il secondo motoneurone
  • Il secondo è quella cellula che all’ interno del midollo spinale esce, raggiunge la periferia e va ad innervare il muscolo scheletrico

Quindi, quando si parla di motoneurone, generalmente ci si riferisce al motoneurone spinale, ma di fatto nell’ essere umano esistono due motoneuroni.

La malattia del motoneurone, termine molto esteso, si applica ad una serie di patologie che vanno a interessare sia il primo che il secondo motoneurone o tutti e due contemporaneamente.

La malattia di riferimento è la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), che è caratterizzata dalla degenerazione selettiva del primo e del secondo motoneurone. Esistono malattie del motoneurone che interessano solo il secondo, esistono malattie del motoneurone che interessano solo il primo motoneurone, esistono malattie del motoneurone che interessano varie età. Il capitolo è quindi molto vasto. Questo è il motivo per cui nel mondo anglosassone si preferisce parlare di malattie del motoneurone, piuttosto che di SLA. Le SMA sono malattie del motoneurone dell’ infanzia.

 

Perché è definita una malattia degenerativa?

E’ una malattia che, una volta innescata, procede verso il coinvolgimento esteso dei motoneuroni, non lasciando alternative. Il motoneurone può essere colpito, nella sua espressione, in diversi segmenti del corpo. Per esempio, vi sono pazienti che esordiscono all’arto superiore, pazienti che iniziano all’arto inferiore e pazienti che iniziano al volto con disturbi della parola o della deglutizione.

Abbiamo quindi tre possibili origini anatomiche della patologia: poi come un’onda la SLA diffonde. Noi riteniamo che l’esordio clinico non corrisponda all’ esordio dei fenomeni biologici e che la degenerazione cellulare sia antecedente di vari anni.

Quando la malattia si manifesta il processo biologico è, quindi, già ampiamente diffuso: ne deriviamo, quindi, un falso concetto di degenerazione come di una battaglia per definizione persa. La verità è che la battaglia è iniziata molto prima e noi ne vediamo le conseguenze, devastanti e non più frenabili.

L’obiettivo è, nella SLA come nelle altre malattie neurodegenerative, di intervenire molto prima, all’origine dei fenomeni biologici. Degenerativa implica un giudizio per definizione negativo. La degenerazione viene intesa come una battaglia a persa: ma cosa perdiamo? Perdiamo cellule che a poco a poco degenerano e muoiono.

E’ un errore oggi considerare le malattie del motoneurone come malattie solo del motoneurone, nel senso che il motoneurone ha una cellule intorno che sono genericamente definite genericamente come cellule “gliali”, le quali hanno però una loro importante funzione. Potremmo utilizzare l’ esempio di una coppia, in cui c’è un compagno che fa qualcosa e l’altro che ne condivide la realtà, supportando il suo agire. Sarebbe erroneo considerare che solo il motoneurone sia responsabile di tutto il processo degenerativo, al contrario esiste un compagno che condivide o genera una condizione sfavorevole che può esitare nella degenerazione moto neuronale.

Questi sono concetti recenti, straordinariamente innovativi che aprono scenari diversi anche in termini terapeutici perché il ripristino cellulare deve non si limitare solo alla cellula motoneuronale ma deve essere più esteso a comprenedere anche la cellula satellite vicina.

 

Come e perché i motoneuroni sono collegati alla SLA e alla SMA?

La SLA e la SMA sono ambedue malattie del motoneurone, con la differenza che la SMA, l’ Atrofia Muscolare Spinale, è una malattia più dell’infanzia. Ne esistono diversi tipi e la SMA è nella maggior parte dei casi anche una malattia genetica. Al contrario la SLA è la malattia che colpisce la media età, con l’età media di esordio tra i 55 e i 65 anni.

Esistono anche delle SMA dell’adulto che colpiscono in una fase più avanzata della vita, dopo i 35/40 anni, ed esistono SLA giovanili, che quindi colpiscono intorno ai 40 anni o anche prima.

Le SMA colpiscono quasi esclusivamente il secondo motoneurone, mentre la SLA è caratterizzata dall’interessamento del primo e del secondo motoneurone oltre che della muscolatura del volto, compromettendo la parola e la deglutizione.

Quali sono i sintomi iniziali della malattia del motoneurone?

Tutte le malattie del motoneurone, sia SLA che SMA, iniziano in un segmento corporeo: arto inferiore, arto superiore o faccia viso nel caso della SLA. Esistono rari esordi polmonari che si preannunciano con un disturbo della respirazione.

L’esordio può essere per ambedue all’ arto inferiore, con la differenza che la Atrofia Muscolare Spinale (SMA) essendo genetica, è generalmente ad espressione bilaterale, mentre la SLA si manifesta, tendenzialmente, ad un solo arto.

Il paziente lamenta difficoltà nel camminare se l’ esordio è all’ arto inferiore, perché il piede non riesce a sollevarsi da terra strisciando, o perché non riesce a sollevarsi sui talloni.

La SLA può manifestarsi anche agli arti superiori, con difficoltà nel movimento delle mani, per esempio nell’ afferrare una biro. Al viso si manifesta con difficoltà a parlare, biascicano le parole, o a deglutire il cibo liquido e/o solido.

Le SMA hanno raramente un interessamento al viso, le SLA lo presentano di esordio o per diffusione.

La fase di diffusione della malattia è tendenzialmente prevedibile, nel senso che segue una diffusione anatomica. Per esempio, se in un paziente l’esordio interessa un piede, ci aspettiamo che la malattia vada a interessare prossimalmente la stessa gamba e coscia, perarepoi passi alla gamba controlaterale per poi salire ad interessare le braccia. Questa progressione ha tempi variabili da paziente a paziente che vengono quindi definiti con progressione lenta o veloce.

Quali sono le cause della malattia del motoneurone?

SLA e SMA sono caratterizzate dalla degenerazione della cellula motoneuronale spinale e corticale, nel caso della SLA. Nel caso delle SMA, c’è un gene in gioco che è l’ SMN (Survival Motor Neuron), che produce una proteina che aiuta la sopravvivenza del motoneurone La mutazione genetica induce una variazione della proteina codificata che se inizia a non funzionare in modo appropriato, inducendo una progressiva sofferenza del motoneurone. Cosa esattamente faccia la proteina codificata dal gene SMN non è chiaro: evidentemenette non sappiamo ancora tutto.

Nell caso della SLA, il discorso è più articolato. Esistono forme familiari, quindi con eredità provata (è il caso di un paziente che ha uno dei genitori con la stessa patologia) e forme sporadiche, in cui questa evidenza di trasmissione non c’è. Nelle nostre consocenze, circa il 20% di tutti i pazienti affetti da SLA, hanno una causa genetica oggi identificata. I geni ad oggi riconosciuti sono più di 30: ciò sta a significare che nel 20% di tutti i pazienti vi è un gene mutato identificabilie. Ci sono quindi oltre 30 diverse proteine mutate, che però sembrano agire con oltre 30 meccanismi diversi, anche se il tentativo è oggi quello di classificarle in sottofamiglie. I meccanismi d’ azione oggi così definiti sono 3: una riguarda il metabolismo ossidativo della cellula, la seconda riguarda il metabolismo dell’ RNA, la terza riguarda invece il citoscheletro della cellula, ossia l’ impalcatura della cellula.

L’altro 80% dei pazienti affetti da SLA, una caratterizzati quindi da forma sporadica di malattia, le cause sono ignote, e pensierose ipotesi diverse: si parla di cause immunologiche, infiammatorie, virali, dismetaboliche, ambientali, etc. La declinazione delle potenziali cause appare quindi infinita. Vi è, ovviamente, vastissima letteratura ma non esiste la soluzione finale della malattia.

Come avviene la diagnosi?

Nella SMA, la diagnosi è immediata, fin dalla nascita. Se il bambino, definito floppy baby, non riesce a mantenere la testa o a muoversi, subito si sospetta una patologia neuromuscolare e a questo punto la SMA è molto possibile perché tra le delle patologie più frequenti nel bambino. Tra la malattie neuromuscolari è, infatti, la più frequente: 1 su 10.000 nati. A questo punto, l’ accertamento avviene per via strumentale con una elettromiografia (EMG), e si avvia la ricerca del gene, con formulazione della diagnosi.

La SMA viene velocemente diagnosticata se ci si pensa, ovviamente: l’ occhio esperto intuisce che il bambino ha un problema di motilità fino alla difficoltà respiratoria.

Nel caso invece della SLA, la diagnosi è più complicata complessa ed il tempo medio è più lungo, anche di un anno. Facciamo un esempio: il paziente inizia ad avere un problema all’arto superiore, cioè di poca destrezza digitale. Ovviamente prima di rendersi conto a pieno del problema e di consultare il medico di base possono passano settimane. Il primo medico pensa ad un problema articolare e spesso lo indirizza dall’ortopedico. Quest’ultimo inizia quinsiuna serie di indagini che risultano spesso negative. Alla fine spesso interviene il neurologo, che se illuminato, coglie la precocve manifestazione di ad una malattia motoneuronale.

Dopo questo periodo, più o meno lungo, la diagnosi pone viene formulata con la evidenza clinica che documenta la riduzione di forza in alcuni segmenti corporei, associata ad riduzione di trofismo muscolare e, se vi è un interessamento del primo motoneurone, da una accentuazione dei riflessi osteo-tendinei evocati con il famoso martelletto neurologico. La presenza di segni neurologici di interessamento di primo e di secondo motoneurone in un segmento deve accendere l’ipotesi diagnostica di SLA che va convalidata con esami strumentali, in primis la dimostrazione della disfunzione neurofisiologica con Elettromiografia (EMG).

Non è dunque così semplice formulare diagnosi di SLA perché essa si basa sulla clinica e sulla neurofisiologia, non avendo biomarcatori, eccetto la genetica che però riguarda il 20% dei pazienti. Spesso dobbiamo raggiungere la diagnosi di SLA basandoci sulla esperienza clinica e sulla base di ciò che il paziente racconta, dopo accurata raccolta della sua storia.

Questo spiega il fatto che vi sono dei centri in Italia e nel mondo che hanno guadagnato notevole esperienza in una questa malattia ed il paziente favorevolmente li ricerca per una conferma diagnostica.

In che tempi progredisce la malattia?

La progressione della malattia è variabile. Vi sono pazienti veloci in cui in 6 mesi le condizioni cliniche sono così compromesse da non essere compatibili con la vita, se non vengono accuratamente aiutati nell’alimentazione e respirazione. Vi sono pazienti che sopravvivono a lungo: ne abbiamo alcuni che hanno vissuto oltre 25 anni, perchè adeguatamente supportati per alimentarsi e respirare Tutto dipende anche dagli ausili che il paziente accetta decide di utilizzare.

Quali cure/terapie abbiamo oggi per rallentare il decorso della malattia?

Per quanto concerne la SMA, siamo in una rivoluzione terapeutica dal 2017: Le forme infantili oggi hanno un trattamento molto preciso, una terapia genetica. I bambini non decedono ma vivono. Questo è un esempio di come la ricerca scientifica, partita dal laboratorio ha impattato clamorosamente nella clinica.

Il trattamento consiste nella possibilità di aumentare la produzione della SMN utilizzando nel paziente il gene residuo egli stesso porta porta: ciò induce la sopravvivenza del paziente stesso.

Vi sono due aspetti fondamentali della terapia: nella prima si utilizza una molecola (nusinersen) che stimola il gene SMN residuo e fisiologico del paziente a produrre più proteina, e nella seconda, con terapia genica più diretta viene ridotta l’ espressione del gene SMN mutato patogeno.

Questi successi terapeutici hanno sconvolto il mondo delle malattie motoneuronali, che era stato visto considerato a lungo come un mondo senza terapia.

Per quanto riguarda la SLA sporadiche, il primo trattamento terapeutico è stato il riluzolo, una molecola entrata nella pratica clinica molti anni fa e che, con la sua azione antiglutammato, rallenta di qualche mese la progressione della malattia.

Fino al 2017 è rimasta l’unica molecola approvata per questa malattia, pur con una ridotta efficacia. E’ stato ovviamente testato di tutto: cellule staminali, fattori trofici, etc. L’aspetto più curioso è che queste molecole, quando testate nei modelli animali nei laboratori davano qualche risultato incrementando la sopravvivenza, ma quando impiegate all’uomo risultavano inefficaci.

Nel 2017, una seconda molecola (edaravone) entra in scena, utilizzata prima in Giappone per l’ictus, e dimostrata possedere un’efficacia anche nella SLA. I pazienti con esordio non oltra i due anni hanno dimostrato un rallentamento malattia nella progressione di malattia. Dall’autorità americana (FDA) questi dati sono stati apprezzati fino all’ approvazione di tale molecola per il trattamento di tutte le forme di SLA.

Oggi per i pazienti affetti da SLA abbiamo quindi due molecole ufficialemente disponibili, con un’efficacia non clamorosa: rallentano comunque il decorso di malattia quando somministrate insieme.

Esistono poi una serie di evidenze, più o meno solidamente dimostrate, dell’efficacia di una serie di trattamenti e diversi trial clinici sono in corso.

Per le forme di malattia di origine genetica, inoltre, è stata avviata una terapia genica volta al silenziamento del gene patologico, inizierà con inizio anche in Italia nei prossimi mesi.

 

Tra SMA e SLA ci sono elementi in comune?

Tra SMA e SLA vi sono elementi in comune dato che entrambe interessano la stessa cellula, il motoneurone. Bisogna sottolineare una prospettiva guadagnata molto recente e relativa alla SLA. Tradizionalmente si riteneva che i pazienti SLA fossero cognitivamente a posto. La verità è diversa: nel 50% di pazienti SLA sono presenti sottili problemi cognitivi, il 10% dei pazienti sono portatori di una demenza frontotemporale. Questa evidenza clinica, raggiunta faticosamente negli anni, ha avuto conferma biologica molto importante nella identificazione di comuni geni per due patologie, la SLA e le Demenze Frontotemporali o FTD. Esistono due mondi scientifici, quello della patologie neuromuscolari e quello delle Demenze che si sono scarsamente parlati e che oggi devono convergere per meglio raggiungere la soluzione di due malattie, appunto la SLA e la FTD.

Questo cambia la nostra prospettiva, perché quando dobbiamo affronatare le scelte per esempio di fine vita del paziente, ci dobbiamo chiedere se esso sia cognitivamente a posto. I disturbi cognitivi possono essere accompagnati anche da disturbi comportamentali. l’ approccio al paziente si fa, dunque, molto complesso.

Abbiamo vidimato scale di validazione valutazione del disturbo cognitivo e/o comportamentale perché i pazienti SLA hanno bisogno di scale veloci che non impegnino molto da un punto di vista fisico. La scala ECAS è quella oggi più utilizzata. Questo ci permette di definire meglio il paziente e capire in poco tempo se siano presenti disturbi cognitivi e/o comportamentali. E’ una acquisizione questa molto importante e innovativa nel mondo SLA. Abbiamo oggi trovato un alleato, il mondo scientifico che si interessa delle demenze frontotemporali, che ad oggi è anch’ esso privo di terapie. Insieme possono convergere nel tentativo di trovare una terapia forse comune.

Qual è l’iter terapeutico a cui un paziente deve sottoporsi?

Relativamente all’iter terapeutico, considerato che le SMA possono presentare una componente genetica identificata e che ls SLA presenta nel 20% dei casi un gene identificativo e causale, l’iter terapeutico, prima di essere concretizzato, deve giustamente considerare l’ assetto gentico del paziente una mirando ad una terapa personalizzata. I primi passi positivi, soprattutto riguardanti la SMA, indicano che potremo trattare in modo diversificato i diversi pazienti quando avremo individuato il gene causale e sufficientemente sviluppato le terapie genetiche relative.

Il Centro Dino Ferrari offre tutta la diagnostica, quindi offre al paziente un orientamento definitivo relativo alle cause oggi conosciute della sua malattia. Spesso arrivano al Centro Dino Ferrari pazienti per conferma diagnostica da tutto il Paese. Nei casi più fortunati riusciamo a formulare una diagnosi diversa con grande soddisfazione del paziente e nostra. Questo è possible solo grazie ad un’ alta professionalità ed alla moderna tecnologia che il centro Dino Ferrari ci ha sempre offerto negli anni.

 

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