(Fonte: About Pharma on line del 17 ottobre 2018)
Un gruppo di ricercatori italo-tedesco ha presentato un esame del sangue che attraverso la concentrazione dei neurofilamenti può confermare la diagnosi di Sla e anche la differenziazione rispetto ad altre malattie neurologiche. Il test consente inoltre di fare una previsione del decorso di malattia.
Scienziati e clinici li tengono sotto stretta osservazione da diverso tempo: i neurofilamenti (“neurofilament light chain”, Nfl) infatti potrebbero rivelarsi un ottimo strumento per diagnosticare precocemente le malattie neurodegenerative come la Sla (sclerosi laterale amiotrofica) o la sclerosi multipla. Lo conferma anche una recente scoperta che dimostra l’utilità di un test per misurare la concentrazione di neurofilamenti nel siero dei pazienti e di conseguenza diagnosticare la malattia.
Il nuovo test del sangue per la diagnosi precoce della Sla – sviluppato dal gruppo di ricerca tedesco-italiano guidato da Markus Otto dell’Università di Ulm e di Federico Verde Verde dell’Università di Milano e dell’Auxologico – rende possibile una differenziazione rispetto alle altre malattie neurologiche. Senza prelievo di liquido cerebrospinale ma solo del sangue. Metodica molto più semplice, quindi non traumatico per i pazienti e soprattutto ripetibile nel tempo. Il lavoro è stato pubblicato su Journal of Neurology, Neurosurgery, and Psychiatry.
I neurofilamenti
I neurofilamenti sono proteine che costituiscono “l’impalcatura” delle cellule nervose come i motoneuroni. Se queste degenerano, come nel corso della sclerosi laterale amiotrofica, i frammenti dell’impalcatura proteica vengono rilasciati in circolo. Di conseguenza nei pazienti con la Sla la concentrazione del biomarcatore aumentata: precedenti studi hanno già documentato questo effetto nel liquor.
L’aiuto della tecnologia
“Negli anni scorsi i processi di misurazione nel campo della proteomica si sono fortemente sviluppati” ha spiegato il primo autore Federico Verde, ricercatore del dipartimento di Neurologia dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e dell’Università Statale di Milano. “Grazie a ciò diviene possibile la rilevazione di biomarcatori come Nfl in concentrazioni molto basse e persino nel siero”. Il nuovo test ematico si fonda sulla cosiddetta tecnologia Single Molecule Array (Simoa).
Una conferma della diagnosi
L’affidabilità del nuovo metodo diagnostico è stata verificata su 124 pazienti della Clinica neurologica universitaria (Rku) di Ulm e su 159 controlli. Tra questi ultimi vi erano pazienti con altre malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson così come partecipanti privi di malattie neurologiche degenerative o infiammatorie. Di fatto la concentrazione di Nfl nel sangue dei pazienti con Sla si è mostrata essere la più alta (fatta eccezione per la malattia di Creutzfeldt-Jakob) e ha reso possibile una diagnosi differenziale. Il confronto delle misurazioni ha consentito inoltre ai ricercatori di stabilire una soglia diagnostica di concentrazione di Nnf nel sangue per la sclerosi laterale amiotrofica: se è superata, la diagnosi di Sla è rafforzata.
Il decorso della malattia
Inoltre gli autori hanno mostrato che il livello misurato del biomarcatore correla con l’aggressività del decorso della malattia. “I pazienti con Sla con una più alta concentrazione di Nfl nel sangue subiscono un più veloce peggioramento clinico ed hanno in media un tempo di sopravvivenza più breve”, spiega Otto. Il biomarcatore Nfl è misurabile già poco tempo dopo l’esordio dei primi sintomi e possibilmente permetterà di tracciare anche la risposta a future terapie.
I prossimi passi
In futuro l’affidabilità del nuovo test su sangue deve essere verificata in coorti più ampie ed omogenee. Se il test si confermerà valido, sarebbe appropriato per esempio per la diagnosi precoce in famiglie con la variante ereditaria della Sla oppure per pazienti per i quali per ragioni mediche non possa essere effettuata una puntura lombare. Questo metodo di analisi aggiuntivo potrebbe essere impiegato anche nel corso di studi clinici.
Tre volte importante
“La rilevanza dello studio è triplice” conclude Vincenzo Silani, del cui team di ricercatori e clinici in Auxologico fa parte Verde. “Anzitutto esso arricchisce la clinica della Sla di un nuovo test diagnostico che si affianca alle indagini cliniche, neurofisiologiche e di neuroimmagine. Inoltre promuove il sangue a materiale biologico di primaria rilevanza diagnostica. In un ambito clinico nel quale le indagini biochimiche erano tradizionalmente limitate al liquido cerebrospinale. Infine introduce un test di probabile futuro impiego per il monitoraggio della risposta a trattamenti sperimentali nel corso di trial farmacologici”.
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